She. Old stories 3

Cadde in terra, lentamente e con grazia, quasi stesse concludendo con una piroette.
Chiuse gli occhi. Le parziali tenebre la rassicurarono.
Lei non aveva mai avuto paura del buio. Lei parlava col buio. Le spaventava lui nel buio, col buio.

Non sapeva se alzarsi per soccorrerla o attendere che si sarebbe ripresa. Poi si decise. Le diede degli schiaffi sul volto. Si sputò su una mano e passò il pastrocchio sulla sua fronte per farla rinvenire. Disperato fece molti gesti inutili. Non gli venne in mente di farla sdraiare per terra, di tenerle le gambe alte, di parlarle, di confortarla, di portarle un bicchiere d'acqua. Non fece nulla di utile.

Sentiva la voce di lui imprecare a bassa voce. Non era in grado di gestire nessun tipo di stress. Sopratutto quello altrui. Era approssimativo, distante, assente, e con questo approccio cercava di risolvere i problemi che non lo riguardavano direttamente. Più lo avvertiva confuso, più si convinceva che anche lei non era un suo problema, che non lo era mai stata. Si riprese lentamente, giusto il tempo di raccogliere le forze per esprimere i suoi sentimenti. Mentre lui si era girato a fissare il vuoto, lei rinvenne. Si asciugò le lacrime, si mise a sedere per terra, prese una ciocca fra le mani e la lisciò fra le dita per rilassarsi.

Si girò di scatto e la guardò mentre si ricomponeva. Eravamo alle solite. Era svenuta per finta. Non aveva un'opinione in merito a queste sue reazioni. Sapeva solo che gli davano fastidio.

"Ascoltami" disse piano. Ovviamente dovette ripeterlo più forte. Lui, quando iniziava una conversazione seria, non la stava mai a sentire. Tremava perché sapeva che questa volta avrebbe dovuto gridare di più, parlare di più, essere più convincente. "Ascoltami" gridò. E si sentì di nuovo pervasa dalla confusione.
Svenne per la seconda volta.

Lui si alzò, incurante, e andò in bagno.

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