δάκρυμα




Se la ricordavano diversa. Solare. Ben esposta e disposta. Come un bell'appartamento in centro: vista mozzafiato, prezzo proibitivo. 
Quando finalmente iniziarono ad accorgersi che non era più la stessa cosa, non capirono cosa si stava per consumare proprio lì, davanti ai loro impotenti occhi.

Si dice che le lacrime andrebbero risparmiate perché non portano a nulla di buono. In quanto a sprechi, avrebbe suscitato l'indignazione collettiva. Ne abusava. Davvero. 

I suoi grandi occhi erano diventati un ambiente insalubre, umido, stagnate. 
Non parlava. 
Ti guardava fisso. Era l'animale di stessa. Un animale mite. Ferito. Umiliato. Un animale abusato. 
Non era nella sua natura ma dava la sensazione di essersi appena leccata le ferite immaginarie.
Stava quieta, china. E piangeva.


Lo spettacolo era ripugnante. La commiserazione solo apparente. Volevano aiutarla. Volevano ferirla ancora. Non la riconoscevano e questo li turbava. La compostezza di quel pianto senza suono e senza ragione aveva ottenuto in loro un effetto contrario per forza e potenza. Volevano gridare, volevano picchiarla, volevano risposte.

Inutile domandarsi cosa fare. Inutile chiederle qualcosa. Il silenzio rispondeva a tutti i loro quesiti in modo oscuro, ma almeno riuscì a farli tacere. Si sentivano sicuri, ma adesso era inutile. 






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