Piccola favola triste




Uno stupido uomo di potere si recò per lavoro a Palermo, accompagnato dal suo autista, un mellifluo giullare di corte e un'addetta stampa.
Fece sopralluoghi, incontrò gente, per lo più disperata, strinse mani, scambiò numeri.
Si avvicinava l'ora di pranzo e, con essa, l'invito da parte di un piccolo imprenditore di fermarsi alla mensa aziendale, trascorrendo la pausa insieme a suoi dipendenti.
Lo stupido, disgustato, liquidò la proposta con insolenza -"Alla mensa ci mangi tu"- e, sulla strada del ritorno, scelse una rinomata bettola.
In previsione del viaggio, l'autista decise non unirsi ai commensali per evitare di appesantirsi. L'addetta stampa, inorridita, avrebbe preferito risolvere un integrale improprio piuttosto che condividere un pasto con l'autore di una simile scortesia: farfugliò qualcosa e si ritirò a leggere su una panchina vista mare poco distante.

Se durante i primi venti minuti di viaggio,  i racconti sul cibo, sul vino, e ulteriori soporiferi dettagli dell'esperienza che i digiunanti avevano rifiutato, l'avevano fatta da padrone, le restanti due ore si trasformarono in un calvario. Satolli e rubicondi, pretesero una prima sosta "solo per toglierci la giacca e sciacquarci la bocca", e così per le successive stazioni di servizio.


Morale: l'ingorda ed inappropriata alterigia troverà nell'intossicazione alimentare il giusto contrappasso.



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