Supermercato






Il carrello traboccava. Dopo essere nata alla coscienza, l'impetuosa mano l'aveva stipato di oggetti inutili. Restavano solo le persone da inserire, per avere nel cestino un esemplare di tutto.
Tremavano le lacrime, cadendo direttamente sul bavero rivoltato di quella giacca, comprata in Inghilterra con il sorriso e la serena determinazione di chi è felice.
Si chinava per regalare un'immagine di se composta: i capelli, elegantemente acconciati, nascondevano agli astanti in transito il riprovevole spettacolo interpretato da un paio di grandi occhi pesti.
Contorcendosi fra gli scaffali, contraddiceva, nervosamente, uno dei luoghi comuni più abusati dai salutisti -mai fare la spesa a stomaco vuoto-. "No, miei cari" andava ripetendo, mentre la mano impazzita arraffava roba a casaccio, "mai fare la spesa quando si è tristi".
La flemmatica spinta partiva dal ventre, come se quel carro armato di cibo fosse sospinto dalla stessa macchina che l'avrebbe, poi, trasformato in energia, scarto e accumulo.
Fin da subito, si era delineata una situazione tragica: non aveva neppure prestato attenzione ai valori energetici/nutrizionali riportati sul retro delle confezioni, o se le stesse contenessero l'orrido olio di palma, quei cattivoni dei grassi idrogenati, l'infame -principale responsabile della gotta- sale non iodato, e poi loro, splendidi amici del dentista, gli zuccheri.
Si portò alla cassa quando non ebbe più spazio davanti a se. Mentre aspettava, con rassegnata pazienza, lo scempio la fece trasalire.
Due ore dopo, un povero commesso vagava ancora fra i reparti del supermercato con un enorme carrello da svuotare.

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