Fottere è meglio che comandare




  Non dovrei cercare le bianche pagine solo quando non riesco più a trattenere il silenzioso grido che risuona, potente, tra le mie cavità.
Riuscire ad esprimere la positività è un interessante gioco al quale ho cercato, senza successo, di prendere parte sei anni fa.
E adesso, sulla scia del ricordo, lascio morire il presente.

  Con disarmante docilità mi piego all'altrui volere, senza fiatare, senza urlare. Ancora non ho imparato a non piangere ma, statene certi, arriverà la siccità.

  Il flusso delle cose cammina sulla mia vita, liberando meschinità assortite, amplificando la grettezza dei finti sentimenti, mortificando la Verità, l'Amore, la Sincerità.

  Non approvo la presenza che gravita attorno alla mia vita; nulla fuorché il suo passato.
Non c'è un piccolo gesto, un pensiero cortese, una traccia vivida sulla cui base scavare alla ricerca delle rovine, del tesoro nascosto, della trascorsa gioia di vivere.

Poi, ricordo. Scruto la memoria e, insieme, la cronologia. Non trovo nulla. Allora, cerco, velocemente, sul web.

Trovo. Dimentico la siccità.

 E i problemi, fisici e sentimentali, le notti trascorse a pensare e scrivere, le interminabili discussioni, le opinioni degli altri, l'assenza, la distanza, l'aggressività, tutto trova risposta alla fine di questo articolo:

Un detto mafioso che tutti conoscono dice « cumannari è megghiu ca futtiri (comandare è meglio che fottere) ». Per una persona in gamba e per bene, no. Per un politico è esattamente così. Mauro Gargaglione

Per una persona in gamba e perbène, no. 



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