Sproloqui




   Nell'estenuante ricerca del Meglio, del Puro, della Bontà, insiti in avvenimenti e persone, capita sempre più spesso che la mia vena polemica venga disturbata da incomprensibili azioni, illegittime figlie dell'illogicità. 
   Nei vari tentativi di oblio forzato che, coscienziosamente e serenamente, mi impongo, rimangono inevase quelle due o tre richieste di cinismo che ho lasciato si accumulassero, fra polvere e indecisione, da immemorabile tempo. 
   Commenti, vicende, dialoghi e variegate patologie tipologie di virago e quaquaraquà, hanno transitato in tutti i miei sensi  -ho visto il disprezzo, la supponenza, l'indecisione, il dolore, e la tristezza; hanno sortito l'effetto di una pietanza preparata con ingredienti scadenti, nauseabonde scene di inconsapevole inadeguatezza morale; ho toccato lacrime bugiarde e asciugato col volto quelle che meritavano un sostegno tanto vero quanto il dolore che le cagionava; come spore dannose sprigionate da vecchi soffitti incartapecoriti e umidicci, ho protetto il mio apparato respiratorio da suadenti note di bergamotto miste ad arroganza, viltà ed impudicizia; ho emulato Jéròme Angust, tappandomi le orecchie con mani (e pensando alle analogie della Crocifissione e della zanzara), quando ho finto di non sentire l'umiliazione inflitta da superbi esseri miserevoli a pazienti o melliflui sottoposti.- e prodotto riflessioni che, stanca, ho messo via per sanità ed igiene spirituale. 

  Dunque, di questi brevi sproloqui, se la lunga introduzione non avesse illuminato, mi scuso.
(Spero che la scrittura velocizzi il processo di formattazione).

Confetti, latte, occhi, bambini e caramelle. Dimentica dello stucchevole significante dei termini nell'immaginario collettivo, continuo a soffrire a causa del loro uso improprio abbinato alla mia persona.
   La scrivente, una ragazza di un metro e settatasette centimetri, che ha sempre fisicamente dimostrato più anni di quanti ne dichiari la Carta di Identità, è stanca di essere considerata "una bambina".
       Non c'è mai stato uomo o donna che, vicino al mio volto, guardandomi, si esimesse dal comporre e poi, addirittura, pronunciare frasi di questo tenore: "hai degli occhi grandi, buoni" "fai odore di cose dolci, di latte" "sai di confetto". Ogni uomo, dal coetaneo alle tre generazioni precedenti, che ha baciato il mio collo e preteso le mie labbra, mi ha sempre paragonata ad una tenera bambina o caramella.
   E queste analogie, scisse dal contesto di cortesia o di romanticismo, sono irritanti se rilette in chiave oggettiva. 
    I riferimenti ad un determinato registro simbolico determinano un repentino cambiamento di atteggiamenti. Vedere la semplicità in una donna considerata forte scatena una reazione di inaudita violenza: credendoti fragile ma sopratutto incapace perché piccola, inesperta, acerba, le persone apparentemente cortesi si rivelano nel loro sadismo. Una "bambina che odora di colonia per bambini" è il soggetto l'oggetto perfetto su cui sfogare le proprie frustrazioni, esercitare le diaboliche arti dell'egoismo, o semplicemente camminare, calpestandone dignità e sentimenti. 
    Colma di pazienza, sopportare l'inadeguatezza di certi comportamenti, accettando egoismi ed individualismi, diventa sempre più difficile, e l'ingratitudine rende impossibile questa impresa, già ardua.
     La "caramellina" può anche aver scritto un libro, vissuto esperienze terribili, attraversato lo spazio, combattuto una guerra, ma è e sempre rimarrà quel giocattolo fragile, tanto carino quanto impegnativo, destinato ai risolutori più abili, ma, aggiungerei, sopratutto a quelli dall'animo realmente buono e onesto e limpido.

Ricchi sermoni. E' di moda -e quindi, come tutte le cose di moda, distante e tremendo- predicare. Lo è sempre stato, ma diventa sempre più strana ed inquietante la tendenza di permettere a uomini e donne con ingenti possibilità economiche di praticare lo sport della lingua e diffondere le loro idiozie come se fossero i nuovi pilastri del sapere. 
    Filippiche su religione, parità, droga, diritti incivili, composte da accorati elementi disturbati/anti, vittime di altre dipendenze, fra cui obesità, danaro, shopping compulsivo, manie di grandezza, vittimismo, fama. 
       Il seguito composto da sciocchi inetti, poveracci in spirito, che mirano al denaro, anelano al potere, non fa che accrescere il disagio e stimola la malsana creatività di questi simpatici ed inconsistenti individui. 
      Nessun ideale, nessun valore. Nient'altro che ignoranza mascherata da titoli di studio e sonoro contante da sventolare in faccia agli illusi, ai perdenti, agli eterni wannabe che vivono nell'altrui opaco riflesso momentaneo.

     (Dall'ultima infausta dichiarazione di un triste privilegiato mentecatto ho teorizzato il "Sadismo alla Yaki Elkann", manovra evasiva contro approcci inopportuni in palestra. 
  Ore 9.37. Tapis roulant, inclinazione 11.5, velocità 5.5 km/h. Le Beats grondano di sudore. Uomo, circa 38 anni si avvicina. Ringrazio le cuffie che mi consentono un salvifico isolamento. Lui, comunque, mi parla "sei qui da molto?". Io, di rimando "mi mancano 10 minuti per finire". Persevera, suggerendomi di togliere l'auricolare, mimando il gesto "ti chiedevo da quanto tempo avessi iniziato". Tenendo indosso le cuffie, abbasso il volume ma grido "solo dall'apertura, quasi un'ora". E parte con la lusinga "Ti svegli presto, eh? Sei un tipo attivo, si vede anche da come ci dai dentro con questa macchina, non ti fermi un momento". La misura è colma. Guardo l'orario, 9.39. Segno mentalmente i km percorsi, il tempo impiegato e le calorie bruciate. Poi, pigio il tasto d'emergenza. Mentre il tappeto assume la consueta posizione orizzontale, interrompo la riproduzione casuale. Mi asciugo il viso e con serenità rispondo "Vede, io tendo a non parlare con gli uomini adulti che alle nove e quaranta del mattino di una qualsiasi giornata lavorativa non hanno prodotto alcunché". Riavvio lo squallido Panatta, la collaudata playlist. Imposto velocità ed inclinazione. Evito di vedere lo sconcerto allontanarsi e poi parlare dell'accaduto con ogni singolo componente della popolazione ginnica che infesta questa sala, ogni giorno sempre più affollata).





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