La verità.
Noi crediamo sempre che gli altri possano pensarla come noi. Abbiamo la presunzione di sapere ciò che potrebbe piacere e dispiacere tutti. Ripetiamo che il mondo è bello perché è vario, quando non conosciamo neppure la nostra di varietà. Diamo la possibilità di parlarci e non ascoltiamo altri se non noi stessi e il nostro ego. Scambiamo la parola democrazia con dispotismo. Ci arrabbiamo se qualcuno limita la nostra libertà di parola e non concediamo a nessuno la stessa libertà. Chi è contro di noi è sempre uno stupido e da tale lo trattiamo, riservandogli totale indifferenza o meschine risposte amare. E' difficile trovare qualcuno che chieda scusa anche quando non dovrebbe. Qualcuno pronto a fare un passo indietro, pronto a redimersi, pronto ad ammettere i propri sbagli, pronto a credere nella buona fede altrui, pronto a non giudicare, pronto a prendere le tue difese, pronto a crederti. Se lo si trova, si aggredisce, si svilisce e se ne decreta morte certa con un paio di sillogismi apparenti.
Basta aprire la porta di casa per trovare un plotone di gente che ha l'intenzione di cambiare le tue convinzioni con le sue, di plasmarti secondo i suoi schemi.
Nessuno è disposto ad accettarti nella tua diversità.
Per alcuni la diversità è ricchezza, davvero. Per altri è solo un banco di prova per testare la loro capacità di annullare l'altro a suon di accuse, umiliazioni e destrezze linguistiche.
Non troviamo il tempo per capire, comprendere, custodire l'altro e i suoi pensieri. Non vogliamo che gli altri abbiano uno spazio, specialmente se hanno opinioni rivoluzionarie rispetto al bigottismo che tiene in ostaggio la nostra mente.
Pur riconoscendo a tutti la necessità di esprimersi, non approviamo la persona nella sua espressione e non le attribuiamo il rispetto che la sua dignità merita. Nessuno ha l'autorevolezza di poter raccontare come vede la sua vita, il mondo, la religione, la giustizia, la filosofia. Per dire parole sapienti o castronerie bisogna possedere un'autorizzazione collettiva.
Abbiamo della giustizia un'idea astratta diversa rispetto agli altri. Per alcuni questa idea deve essere condivisa e condivisibile, altrimenti non può avere legittimazione. Per altri rappresenta un modo per emergere rispetto al resto che si impone dei freni per uniformarsi.
Non tutti hanno la stessa formazione ma tutti pretendono di giocarsi la partita della mortificazione nel loro terreno di gioco.
Non siamo aperti verso gli altri perché tutto ciò che viene dall'esterno è marcio, lercio, disgustoso, estraneo, differente quindi inesistente.
La verità è solo una. Esistiamo solo quando devono umiliarci. Nel resto del tempo ci ignorano.
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