Il magazzino del cuore



Sono stata contattata da un utente che vorrebbe farmi crescere. Vuole educarmi ad allevare un seguito. Un grazioso numero di rincoglioniti che mi dica sempre sì e con cui chiacchierare forzosamente del nulla. Visto che le velleità, evidenziate dopo un'attenta analisi del mio profilo, non sono irrealistiche nel campo della letteratura, dovrei, innanzitutto, farmi un nome, "perché ormai le cose vanno così. Ma forse è un bene, perché non è giusto fare di tutta l'erba un fascio, che dal letame/social nascono i fiori, e non ci possiamo più permettere di gettare neanche l'acqua sporca del bambino".

Ecco alcuni fra i consigli (basilari, che è assurdo io non conosca o utilizzi già. In fondo, sono su twitter dal 2009) più importanti della mirabolante ricetta:
sbloccare il mio account ig; usare gli hashtag; interagire di più (molto di più); scegliere un ambito e specializzarmi nel commento di quel settore (ad esempio, dovrei scrivere di sentimentalismi anche nei tweet); non limitarmi a linkare notizie ma anche un po' di costume; entrare nelle grazie di un gruppo di utenti con molti seguaci, idolatrandoli se serve; aprire un account facebook (era una battuta? eh?); mettere i riferimenti ai siti o ai brand delle cose che compro; seguire un programma televisivo, far nascere l'interesse attraverso i miei commenti su di esso, così da farmi notare da non so chi per arrivare a non so cosa; fare spam dei miei post migliori (scelti ovviamente da questo consultente); rendere accattivante il mio blog con un restyling di contenuti e introducendo mie fotografie, ché "dopo più di dieci righe, l'attenzione cala, e la gente si annoia a leggere post senza immagini" (ma cosa ti fa pensare io abbia interesse ad intrattenere gente che si annoia?) .

Prosegue, poi, con una serie di grafici con cui mi dimostra come il suo lavoro abbia, nel recente passato, realizzato i mediocri sogni di visibilità di altri aspiranti e bla bla bla...

Ciao, caro utente che sei appena stato bloccato. Se mi stai leggendo -pur dubitandone, avendo ampiamente superato le quindici righe initerrotte- , sappi che non sei il primo ad avermi scritto per offrirmi un servizio di consulenza, ma sei stato l'unico che mi ha esasperata a tal punto da indurmi a scrivere. Complimenti! Hai vinto un post. Non è accattivante ma, onestamente, continua a non interessarmi.

Se le nuove leve della letteratura italiana vengono reclutate valutando estenuanti botta e risposta di questa portata - "prima o poi sarebbe bello se anche noi invisibili fossimo viste" "voglio essere la parola che sottolinei nel libro della tua vita" "mi accorgo di tutto anche se non sembra" "cerco qualcuno che mi ascolti guardandomi negli occhi" "dicono che è per la vita e poi se ne vanno" "la semplicità è la bellezza"- non mi riguarda.
Avessi più tempo e fossi più magnanima, sarebbe un bel gesto scrivere a ciascuno di questi fanciulli e fanciulle, per spiegare loro che la purezza del sentimento va a farsi benedire se continuano a utilizzarlo per monetizzare e farsi pubblicità utilizzando le loro sfighe d'amore; che a volte, essere single è il prezzo da pagare per concepito/copiato frasi che nulla contengono se non un delirante concentrato di disperazione misto a solitudine; che ci vadano piano con le bevande ad alta gradazione alcolica; che, in fondo, appena smetteranno di stare su internet, qualcosa succederà di bello succederà anche a loro (riacquistare un decimo di vista, ad esempio, visto che sono tanto attenti alle piccole cose, non potranno non notarlo e gioirne con tripudio).

Che, poi, in fondo, a me non interessa davvero cosa scrive la maggior parte di utenti sui social. Questo filone un po' lagnoso sull'amore, anche se con l'orticaria, lo leggo anch'io. Se noto un certo impegno o un dolore sincero da parte dell'utente, RT per cortesia, per dire "brava/o, adesso, però cimentati in qualcos'altro".
Non mi lancio in invettive circa la discrezione, questa sconosciuta, "o tempora, o mores", e non mi lamento, preferisco star in silenzio e andar via se non mi piace qualcosa, e vorrei che le cose rimanessero così.

Mi dispiace aver scritto queste poche righe di scherno, ma l'omologazione non è fra i miei progetti.
Non gradisco che si facciano paragoni fra il mio modo di occuparmi di sentimenti e quello con cui gli altri ne trattano. Il mio non è migliore e non è peggiore. Sono meno di loro e sono più di loro. Ma, sopratutto, non sono loro.

Questa non è stata una proposta di consulenza ma l'ammissione di una sindrome diffusa: presentare in perfetto ordine il proprio disastro. Le pene d'amore attirano più empatia e cuori e RT, se servite in un vassoio a figura geometrica color pastello con contorno di endecasillabi sciolti.

Non ho niente a che spartire con chi mercifica il proprio vissuto o millanta di averne avuto uno (considerati il tempo speso su internet a scriverne e il continuo professarsi single "da sempre", valuti il candidato quanta competenza o quando, questi fantasisti dal rancoroso tweet facile, abbiano potuto fare esperienza dell'Amore) per pubblicizzarsi una carriera da scrittore.

Questo blog ha un'aria dimessa? Bene. Chè questo è il mio magazzino.

I veri cuori infranti dentro la teca impolverata. La filosofia tra i carillon, le suppellettili di ceramica e le palle di vetro con la neve. La morale fra i libri antichi, la cui rilegatura vale più del contenuto. Dei viaggi, alcune cartine e scontrini dei primi acquisti fatti in terre straniere. Ci sono storie d'amore ancora chiuse negli scatoloni, da inventariare, e che, forse, non vedranno mai la luce per via dell'incapacità cronica della sottoscritta di raccontare in modo asettico e comprensibile. Aneddoti, custoditi fra le rigorose maglie della cartella bozze, tengono compagnia a vanesie specchiere e a lampadari in cristallo. Ringhiano nei cassetti i brutti ricordi, costretti a condividere lo spazio con il mio corredo ricamato.

Non circondo il mio cuore con cose nuove, di bell'aspetto. Ne voglio una visione sincera, caotica, vivificante, umile. Della polvere, del legno scheggiato, del servizio senza un piatto, non voglio che si nasconda alcunché; ma, di certo, amplificare le proprie ammaccature per impietosire i primi fannulloni di turno, non è utile. E neanche rifiutare un panno per pulire, quando si spreca più tempo per mettere in rima due frasi e ricevere un applauso, piuttosto che rimboccarsi le maniche e mettere ordine nel proprio cuore.

Dobbiamo imparare a prestar sempre meno attenzione alle infografiche e più ai valori, nascosti dietro coltri di ragnatele. Non saranno accattivanti, ma salvano l'anima da questa ossessiva corsa alla mercificazione di quanto più caro abbiamo nel cuore.




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